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Messaggio Da LEON2000 Lun Mag 21, 2012 4:58 pm

Promemoria primo messaggio :

Sicuramente sbaglio ma……………
Io credo che: - i colleghi della A036 dovrebbero riflettere anche su quello che acquistano oltre che su quello che perdono.
I famosi asterischi apposti sulla A037, allargano, fanno sì che un A036 possa cqe accedere alla A037.
Secondo me, questa proposta, questo allargamento, così come presentato, è a vantaggio di tutte e due le CDC, in quanto il problema sta proprio nelle ore di storia.
- Nei licei, triennio, le ore di storia sono della A037, ma con le sperimentazioni ( liceo psicoped e altri, che a seconda della situazione potevano essere o A036 O A037, nella mia provincia il linguistico è A037 così come l’artistico) le ore di storia sono state attribuite alle varie A050/51, quando le ore di filosofia erano della A036.
( Vi assicuro che si tratta di perdita di ore ingente per la A037)
Partendo dal presupposto che queste cdc verranno accorpate, se attribuiranno l’insegnamento di filosofia, linguistico, artistico, scienze umane, e bla,bla,anche alla A036 che cosa succederà?
Perderemo sia noi, A037, che voi, le ore di storia, sia noi che voi, perché la cdc sarà accorpata e quindi sulle poche ore rimaste convergeranno tutte e due le cdc e chi ci avrà guadagnato?
Ovviamente è il terzo che gode.
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Messaggio Da ontoteologia Mer Giu 20, 2012 2:25 pm

Dec ha scritto:
Fino ad oggi con l'abilitazione nella A036 non potevano proprio insegnare nei licei, almeno nei classici e negli scientifici

Cioè in 2 soli dei tanti licei esistenti! E capirai.

Piuttosto guarda qui il livello di indecenza: http://diventareinsegnanti.orizzontescuola.it/2012/06/20/riflettiamo-su-cosa-rappresenta-la-selezione-del-tfa-per-un-docente-gia-di-ruolo/

Non a caso è una maestra elementare che aspira a diventare - senza ovviamente alcuna selezione, ma grazie all'ennesima sanatoria - una "scienziata umana"! E come nulla fosse, al di là di una forma espositiva indecente, afferma che "il ruolo nell’insegnamento alla Primaria è molto affine alla classe A036". Poi quando dico che la mobilità è devastante, ho ragione o no? La vogliamo smettere con queste panzate e con tutto questo pedagogese?

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Messaggio Da Dec Mer Giu 20, 2012 6:05 pm

ontoteologia ha scritto:[Poi quando dico che la mobilità è devastante, ho ragione o no?
Ma certo che hai ragione (premesso che non ho letto tutta la lettera perchè adesso non ho tempo). Come ho ripetuto nell'altro topic, è la soluzione che proponi che è sbagliata perchè il miur non l'ha certo pensata per questo e perchè sono convinto che neanche indirettamente avrà questo effetto, anzi aggraverà il problema. Ma è una discussione che abbiamo già fatto.

Dec
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Messaggio Da margherita60 Mer Giu 20, 2012 7:30 pm

Di nuovo ontoteologia all'attacco..mi chiedevo che fine avesse fatto. E, invece, eccoti più agguerrito (forse inutilmente?) che mai!! La lettera dunque..scritta da una "maestra", ohibò..!! Cosa a mia volta scrivere se non che la "maestra" dimostra di avere idee chiarissime e di scrivere fatti che definirei semplici ovvietà, ma che tali non sono? La "maestra" ha perfettamente ragione quando afferma che conoscere la pedagogia e le discpline affini è assolutamente indispensabile per un docente. Come fa un insegnante a trasmettere le proprie conoscenze se non conosce i tempi e i modi nonché le modalità di apprendimento dei propri alunni? Un bravo docente si riconosce soprattutto dalla capacità di attivare l'attenzione e la curiosità dei propri studenti, diversamente per gli stessi sarebbe sufficiente accedere ad internet. O ancora crediamo che il mestiere del docente sia così indispensabile in un'epoca come la nostra, così tecnologizzata, dove basta un click per accedere a delle conoscenze, di cui fino a qualche decennio fa, gli unici depositari erano i docenti? Carissimo ontotelogia, credi forse che una "maestra" sia meno brava di te solo perché "maestra" E chi lo stabilisce? Tu e in base a che cosa? Sono del tutto in disaccordo con te e forse sarebbe preferibile per tutti noi, come ho sempre sostenuto, stare dalla stessa parte, anziché "gli uni contro gli altri armati". Cordialità

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Messaggio Da ontoteologia Mer Giu 20, 2012 7:46 pm

margherita60 ha scritto:Di nuovo ontoteologia all'attacco..mi chiedevo che fine avesse fatto. E, invece, eccoti più agguerrito (forse inutilmente?) che mai!!

Senti chi parla, a difendere l'indifendibile solo per il proprio interesse!

margherita60 ha scritto:La lettera dunque..scritta da una "maestra", ohibò..!! Cosa a mia volta scrivere se non che la "maestra" dimostra di avere idee chiarissime e di scrivere fatti che definirei semplici ovvietà, ma che tali non sono? La "maestra" ha perfettamente ragione quando afferma che conoscere la pedagogia e le discpline affini è assolutamente indispensabile per un docente.


La maestra scrive come nemmeno il peggiore dei miei alunni e dice "panzate" assurde che tu condividi (vuole l'abilitazione agratisse perché in fondo, a suo avviso, insegnare alle elementari non è diverso da insegnare al liceo... del resto "non è poco", giusto?). Visto che ha studiato il pedagogese, mettiamola a insegnare fisica, che tanto il pedagogese "non è poco". Omioddio!

margherita60 ha scritto:Un bravo docente si riconosce soprattutto dalla capacità di attivare l'attenzione e la curiosità dei propri studenti, diversamente per gli stessi sarebbe sufficiente accedere ad internet.

Il bravo docente almeno sa scrivere in italiano. Ma ti rendi conto che una così pretende di finire in un liceo? E tu, invece di scandalizzarti, dici che ha persino ragione. Bene!

margherita60 ha scritto:Carissimo ontotelogia, credi forse che una "maestra" sia meno brava di te solo perché "maestra" E chi lo stabilisce? Tu e in base a che cosa?

Io, forse, no perché nonostante decine di esami e titoli vari (anche all'estero) posso essere uno zuccone incredibile, ma sui grandi numeri tra "quelli come me" e le maestre non ci può essere confronto alcuno per quanto riguarda l'insegnamento di filosofia nei licei. Inutile aggiungere che chi non sa scrivere nemmeno in italiano non è certo un modello. E guarda caso l'ennesima maestra. Un caso, ovviamente.
Poi, naturalmente, quando rivendichi i tuoi 10 esami, allora devi accettare che chi ne ha molti più di te - inclusi altri titoli che tu non penso abbia (altrimenti ne avresti parlato), nonché molti di più della stragrande maggioranza delle maestre - dovrebbe avere qualche diritto in più o, almeno, non venire dopo.

margherita60 ha scritto:Sono del tutto in disaccordo con te

per me è un motivo di vanto.


Ultima modifica di ontoteologia il Mer Giu 20, 2012 8:05 pm - modificato 5 volte.

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Messaggio Da LucaPS Mer Giu 20, 2012 7:51 pm

> La maestra scrive come nemmeno il peggiore dei miei alunni e dice panzate assurde
"Panzate" - al posto di "panzane" - è un neologismo per colorire o come crasi di "panzane + cacc***te"? : )

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Messaggio Da ontoteologia Mer Giu 20, 2012 7:53 pm

LucaPS ha scritto:
"Panzate" - al posto di "panzane" - è un neologismo per colorire o come crasi di "panzane + cacc***te"? : )

certo, LucaPS. Le panzate sono le cose scritte... non con la testa, diciamo così.

Non scriverei mai né "panzane" né "panzate" in una lettera da rendere pubblica, come non scriverei "agratisse", visto che non è un linguaggio adatto, ma di certo quella maestra è un'ignorante e pensare persino sia una docente....

Ma come fa un docente a scrivere: "[...] sminuito e "smantellato" dalle scuole di specializzazioni SISS, che tra le tante cose intraprese, ho superato anche una selezione SISS, inoltre, per ottenere un lavoro a tempo indeterminato ho scelto di iscrivermi a scienze della formazione primaria [...]". Ma la sintassi cos'è? Guarda caso una maestra, che aspira ad essere una scienziata umana. Oppure: "ritengo che i test così strutturati non valutino il docente più bravo, più competente discriminandolo dal meno bravo e meno competente, in quanto basati su una verifica serrata di nozioni, adempiendo esclusivamente ad una logica di investimento e di bilancio in ciò che sarà il risparmio della spesa pubblica. In questo modo ledono sempre la formazione – istruzione e in particolare il diritto dei docenti di formarsi." Ma che lingua è? Dai, per cortesia, gente...! Ma ce li immaginiamo al liceo quanti danni fanno?

Ragazzi, quello non era un sms, ma una lettera pubblica in favore dei docenti di ruolo che invitava alla riflessione! Non solo un tempo bastava il diploma magistrale per finire in ruolo, ma adesso - con cotanta scienza - si pretende anche il riservato per andare in un bel liceo a fare danni. Evviva!

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Messaggio Da margherita60 Mer Giu 20, 2012 8:28 pm

Carissimo ontotelogia, non rivendo solo i miei dieci sudatissimi esami di Filosofia, ma anche una tesi su M. Heidegger di 300 pagine. Inoltre non sono qui per elencare i miei titoli. La classe di concorso A036 fortunamente non è la mia unica carta da giocare, semmai dovessi perdere la titolarità sulla mia classe di concorso! In ogni caso, non sono d'accordo con la maestra quando afferma che dalle scuole primarie può passare tranquillamente in un liceo, sulla base della sua esperienza. Al contrario, sono d'accordo con la maestra quando sostiente che per insegnare bisogna conoscere la pedagogia, che tu sembri non apprezzare! Invece, condivido pienamente ciò che sostiene DEC: la bozza qualora dovesse trasformarsi in qualcosa di reale creerebbe delle disparità e delle problematiche notevoli. Perciò ritengo che difendere la specificità e gli ambiti della propria classe di concorso, sia l'unica arma che possediamo, per non perdere le poche opportunità professionali e lavorative che ancora possediamo!

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Messaggio Da ontoteologia Mer Giu 20, 2012 10:06 pm

margherita60 ha scritto:Carissimo ontotelogia, non rivendo solo i miei dieci sudatissimi esami di Filosofia, ma anche una tesi su M. Heidegger di 300 pagine.

Lo dici come se fosse strano che uno che insegna filosofia abbia scritto una tesi di.... filosofia. E, in effetti, lo è, visto non solo che la stragrande maggioranza delle maestre ha solo qualche esamino di filosofia, ma anche non ha fatto nemmeno l'importantissima gavetta insegnando questa disciplina (quella che si fa nei primi anni, con forze ed energie fresche, quando si preparano le lezioni, si battono testi, si legge come matti perché ci si sente inevitabilmente inadeguati per quanto preparati si possa essere), ma è passata, di punto in bianco, ad insegnare al liceo.

margherita60 ha scritto: Al contrario, sono d'accordo con la maestra quando sostiente che per insegnare bisogna conoscere la pedagogia, che tu sembri non apprezzare!

Ferma, margherita... non semplifichiamo perché non si dice semplicemente questo. Innanzitutto un docente deve conoscere la propria disciplina. Poi deve saperla insegnare, ma per saperla insegnare la teoria pedagogista può solo dare una mano. Saper comunicare significa, ancora una volta, trasmettere contenuti: sappiamo tutti che parlare in un certo modo (e non certo nel modo rozzo in cui la maestra si esprime!) è, anch'esso, un modo di insegnare, perché i contenuti non sono separabili dal modo in cui essi vengono trasmessi. La passione, anche quella, non la si trova scritta nei manuali di pedagogia. Resta, pertanto, il fatto che se non hai contenuti, non hai nulla da trasmettere! Dire, pertanto, che l'insegnamento della primaria è "affine" a quello della A036 nel liceo farebbe ridere non fosse stato scritto con intenti seri. Quando mi dici che quella delle maestre che passano al liceo è un'ossessione, dici il vero, perché alle vergogne non voglio abituarmi, né soprattutto accetterò l'idea che "non è poco" aver insegnato ai bambini se si vuole insegnare in un liceo.

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Messaggio Da LucaPS Mer Giu 20, 2012 11:22 pm

> ma anche non ha fatto nemmeno l'importantissima gavetta insegnando
> questa disciplina (quella che si fa nei primi anni, con forze ed energie fresche,
> quando si preparano le lezioni, si battono testi, si legge come matti
> perché ci si sente inevitabilmente inadeguati per quanto preparati si possa essere
Sono d'accordo, ma la situazione che descrivi è una questione diffusa a tutte le cdc (si pensi alle cdc di italiano!), in conseguenza di un istituto - quello della mobilità verticale - che, dunque, se si vuole, si modifichi. Perchè, se quello è il problema, si deve afrontare per via diretta, non dico cancellandolo ma limitandolo.

Peraltro, è vero che nelle discipline umanistiche la mobilità verticale è maggiore rispetto alle discipline scientifiche ma non ne possiamo attribuire la responsabilità ai singoli e nemmeno - peraltro - al Sistema scolastico; perchè è una questione squisitamente epistemologica. Che ci possiamo fare se è esistito l'Ottocento positivista che ha "tradotto" - si può essere d'accordo o meno - il sapere dell'uomo in qualcosa di "altro", che loro, a torto o a ragione, chiamavan "scienze", le scienze dell'uomo (sociologia, psicologia e antropologia culturale). E che ci possiam fare se la pedagogia ha fatto un percorso di progressiva autonomizzazione dalla filosofia? E' il destino di ogni genitore: quello di essere "bistrattato" dai figli, i quali alla fine si accorgono che senza il genitore non sarebbero nati e non sarebbero cresciuti e quindi l'oppositività si trasforma - in un percorso evolutivo di maturazione dell'individuo così come di maturazione della visione del sapere - in riconoscenza e complementarità. E, quanto alla storia, dobbiamo pure bruciare nel falò delle vanità pure Weber che utilizzò il modello storicista per chiamare quei saperi "storico-sociali" e per parlare pure di "metodologia" (vs. metodo)?

E quindi, che ci possiamo fare se si è costituita la galassia delle scienze umane e sociali - con annessi percorsi di laurea (da cui risalgono le maestre con la mobilità verticale) - che hanno ambiti di sovrapposizione e conplementarità con la filosofia, fino a non distinguersi - in una visione complessa del sapere - i confini (salvo porre questi confini tra i diversi saperi dell'uomo sull'uomo e sul mondo per una ragione di semplificazione epistemologica e didattica, apparendo e scomparendo questi confini come in una continua dinamica di figura-sfondo tra oggetto conosciuto e soggetto conoscente? Dobbiamo forse rivoltarci contro l'Ottocento Positivista, padre dell'istituto della mobilità verticale?

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Messaggio Da ontoteologia Gio Giu 21, 2012 12:25 am

LucaPS ha scritto:
Peraltro, è vero che nelle discipline umanistiche la mobilità verticale è maggiore rispetto alle discipline scientifiche ma non ne possiamo attribuire la responsabilità ai singoli e nemmeno

"Maggiore" è un termine neutro.... io direi che non c'è storia, perché la mobilità è quasi solo a senso unico, vale a dire nelle materie umanistiche. Qualcuno, allora, mi dovrebbe spiegare perché!? Il perché è semplice! Le discipline scientifiche sono maggiormente selettive, spesso a numero chiuso; quelle umanistiche accessibili a quasi tutti, magari evitando qualche esame: qui vi troviamo persone straordinariamente preparate, che hanno studiato a dispetto delle prospettive lavorative (quindi con motivazioni incredibili), e persone che con 1-2 esami possono insegnare.
Una laurea in scienze della formazione non è, a parlar propriamente, così ardua, considerando anche la sua flessibilità (permette di insegnare dalle elementari al liceo, strutturando il piano di studi). Mettici 2 esami di filosofia e il gioco è fatto.

Dici che i singoli non hanno responsabilità. Io direi, invece, di sì. Le colpe sono una cosa, ma la responsabilità è individuale. Se un docente ritiene sia suo diritto passare dalle elementari al liceo, quando sul mercato ci sono migliaia di persone quasi sempre molto più preparate e certamente con molta più esperienza, questo significa assumersi una responsabilità, perché si toglie il lavoro ad altri solo in virtù di un sistema che favorisce, ma non obbliga affatto. Dire semplicemente che "è un mio diritto", quando è una palese ingiustizia nei confronti di tanti, significa avere gli occhi foderati di prosciutto.

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Messaggio Da LucaPS Gio Giu 21, 2012 1:12 am

Sì, hai ragione. Comprendo le rivendicazioni sulle battaglie "verticali", non le comprendo sulle battaglie "orizzontali" o, peggio, "disciplinari-epistemologiche", che sono anche "scadute" sia nel mondo "fuori" (ma questo lo sapevamo) e anche nel mondo "dentro" (e su questo alcuni ci illudono che non sia così) ... perchè al di qua della sponda "non-scientifica" siamo tutti nello stesso calderone... Auguro a chi - della Scuola - ha studiato un mondo di bene: ma a tutti, questi e quelli. E, se si voleva ottenere questo, si doveva agire in altro modo, allora (come già detto).

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Messaggio Da LucaPS Gio Giu 21, 2012 11:58 pm

BRP1 - ESAME DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE
CORSO SPERIMENTALE - Progetto “BROCCA”
Indirizzo: SOCIO - PSICO - PEDAGOGICO
Tema di: PEDAGOGIA

I
«È così chiaro che c’è un’educazione che deve essere impartita ai figlioli non perché sia utile o necessaria,
ma perché è liberale e nobile; […]. Inoltre anche qualcuno degli insegnamenti che hanno in vista l’utilità
deve essere impartito ai fanciulli non solo perché utile, ma anche perché può servire come mezzo per
l’apprendimento di molte discipline, come avviene nel caso del leggere e dello scrivere. Altrettanto può
dirsi per il disegno, che si impara non per non sbagliare nei propri affari privati e per non cadere in errore
nella compera e nella vendita degli oggetti che interessano la vita domestica, ma piuttosto perché insegna
ad apprezzare la bellezza dei corpi. Cercare ovunque l’utile si addice ben poco a chi ha animo grande e
libero.»
Aristotele, Politica, VIII, a cura di C.A. Viano, BUR, Milano 2002

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti
questioni:
- in che senso si parla di un’educazione non avente finalità utilitaristiche?
- qual è il fine di un’educazione non utilitaristica?
- quali sono le discipline idonee a contribuire a un’educazione non utilitaristica?
- per quali motivi tali discipline possono fornire un loro contributo?
- nella realtà della scuola è possibile trovare un punto di equilibrio fra educazione disinteressata ed
educazione che favorisce l’inserimento nel mercato del lavoro?
- in che cosa può concretamente consistere tale punto di equilibrio?

La pedagogia attraverso i classici
Aristotele come maestro: un modello educativo che punta ai valori, non al profitto
La prima traccia parte dal filosofo per eccellenza Aristotele e ci richiama un'idea della pedagogia come «ancella» della filosofia. Come è noto a studenti con una formazione in filosofia, Aristotele vede nella metafisica la più alta delle scienze perché non ha nessun pragmatico. Per il filosofo è il sapere per il sapere che va ricercato da chi vuole una formazione elevata. E' nota anche l'avversione aristotelica nei confronti del lavoro manuale, considerato appannaggio degli schiavi.
Il modello di educazione che così è tracciato è volto a formare ed educare l'uomo, come valore assoluto, più che il lavoratore in funzione di una società volta alla produzione.

Lo studente, rispondendo alle domande che articolano la riflessione dovrebbe cogliere la portata di apertura e di innovazione pur nel riferimento allo stagirita. L'uomo non deve essere in funzione di un profitto, l'uomo non è un mezzo, ma un fine.

Batilde Bacci
Istituto «Virgilio», Milano

---

II
«Una tradizione di pensiero ben radicata nella nostra cultura, e che forma gli spiriti fin dalla scuola
primaria, ci insegna a conoscere il mondo attraverso “idee chiare e distinte”, ci ingiunge di ridurre ciò che è
complesso a ciò che è semplice, vale a dire separare quel che è legato, unificare ciò che è multiplo,
eliminare tutto ciò che apporta disordine o contraddizioni nel nostro intendimento. Ora, il problema
cruciale del nostro tempo è la necessità di un pensiero in grado di raccogliere la sfida della complessità del
reale, vale a dire capace di cogliere le mutue connessioni, interazioni e implicazioni, i fenomeni
multidimensionali, le realtà che sono in pari tempo solidali e conflittuali (come la stessa democrazia, un
sistema che si nutre di antagonismi mentre li regola). Pascal aveva già formulato l’imperativo di pensiero
che bisogna oggi introdurre in qualunque nostro insegnamento, a cominciare dalla scuola per l’infanzia:
“Poiché tutte le cose sono causate e causanti, agevolate e agevolanti, mediate e immediate, e tutte connesse
da un legame naturale e insensibile che congiunge le più lontane e le più differenti, ritengo impossibile sia
conoscere le parti senza conoscere il tutto, sia conoscere il tutto senza conoscere nel dettaglio le parti”.»
Edgar MORIN, in “Le Monde”, 22-23 settembre 1988, ora in La mia sinistra, Erickson, Trento 2011

Il candidato esponga le sue riflessioni sul testo sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti
questioni:
- la “tradizione di pensiero ben radicata nella nostra cultura”: il metodo di Cartesio
- il “problema cruciale del nostro tempo”: la sfida della complessità.
- l’“imperativo di pensiero” di Pascal: il futuro del “nostro insegnamento”.

I filosofi in aiuto alla complessità
Le quattro regole di Cartesio, una «mappa» per il pensiero. I bravi maestri insegnano a gestire i dati, più che ad accumularli
Anche la seconda traccia si ispira al pensiero filosofico classico e ne desume un aiuto per comprendere un mondo sempre più complesso e sempre più impegnato in interazioni e reti. Cartesio con il rigore del suo metodo ci dovrebbe guidare. Le sue quattro regole diventano una vera mappa per il pensiero. Non accettare mai nulla per vero, se non ciò che sia chiaro e distinto. Dividere ogni problema esaminato in tante parti. Iniziare dalle cose più semplici per arrivare alle complesse. Infine fare enumerazioni per evitare di scordare qualche elemento essenziale. Un bel percorso per ogni progetto, per ogni ricerca.
La sfida della complessità potrebbe trovare soluzione anche attraverso uno schema che diventi, non protocollo rigido e vincolante, ma strumento di lavoro flessibile ed agevole. Molto interessante anche il richiamo di Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, a Pascal e al suo «insegnare a ripensare il pensiero», si tratta di dubitare di tutto quello che si crede di sapere. Si è sempre sulla linea di creare una testa ben fatta e non una testa ben piena. Il richiamo è stato già di Montaigne, il quale vedeva in questo la prima finalità dell'insegnamento. Il richiamo a questi metodi applicati all'educazione può consentire una riflessione atta a ripensare in pieno alle strategie educative a cui un docente oggi dovrebbe più che mai rifarsi. In un epoca in cui le nozioni e le informazioni fluiscono e si materializzano su diversi supporti l'allievo deve essere in grado di gestire i dati, più che accumularli.

Batilde Bacci
Istituto «Virgilio», Milano

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Alberoni

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IV
Montessori




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