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Messaggio Da Chanty Gio Dic 28, 2017 4:45 pm

Popocatepetl ha scritto:Oggi studiare non è un lusso. Eserciti interi di universitari procrastinano apposta la laurea per godersi il dolce far nulla e gli aperitivi,dato che papà rifornisce sempre portafogli e carte di credito.
Paragonare i nostri neet & universitari erasmussiani con mega iPhone e Canarie prenotate alla povertà delle zone rurali italiane negli anni 70 è uno schiaffo e disprezzo alla vita di tribulazioni, sacrifici e fatica dei giovani di allora

Conosco, però, anche altrettanti trentenni che hanno studiato tanto, che non hanno acceso neanche i riscaldamenti pur di risparmiare e che hanno avuto, al più, qualche timida borsa di studio, sempre più risicata ed erogata anni in ritardo.
Tutti laureati più o meno nei tempi canonici ed oggi, la maggior parte, disoccupati.
Per questo motivo penso che l'università sia sempre più un lusso, non solo e non tanto per gli anni del periodo del corso di studi, quanto e soprattutto per il post laurea.
E' vero, probabilmente i genitori sono disposti a sopportare l'insopportabile (come ad esempio tre anni ulteriori di formazione - post laurea quinquennale post 10 esami integrativi post superamento concorso- ) ma è il caso di considerare che la maggior parte dei partecipanti al Fit ha superato di gran lunga i 25 anni e che, forse, non sono tutti figli di papà con portafogli ad organetto.

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Messaggio Da Mairu Gio Dic 28, 2017 4:47 pm

paniscus_2.1 ha scritto:
Massimo Borsero ha scritto:
Mairu ha scritto:
Con questo non voglio dire che le attuali metodologie siano migliori delle vecchie, ma in termini di risultati non mi sembra che le vecchie metodologie abbiano funzionato, se non sugli alunni bravi. Ma anche le nuove metodologie funzionano con gli alunni bravi. Con gli alunni bravi funziona tutto.

Mi pare che questa sia l'analisi più profonda sulla didattica che leggo da anni.

Ah, certo... e allora di che stiamo a parlare?

Alla fine della fiera, da quanto ho capito, l'unica conclusione possibile è che qualsiasi metodo didattico ha effetti identici, tanto quelli bravi sarebbero bravi comunque, mentre quelli scarsi sarebbero scarsi comunque.

L'unica differenza tra le modalità "arcaiche" e quelle "moderne"... è che con le modalità arcaiche quelli scarsi li bocciavano, mentre con quelle moderne li promuovono lo stesso anche se non hanno imparato niente, ossia se continuano ad essere scarsi.

Se si pensa realmente che questo abbia contribuito a rendere la gente più felice e spensierata e a ridurre i traumi e le frustrazioni personali, se ne può pure parlare...

...ma sostenere che abbia avuto l'effetto di elevare il livello medio di preparazione culturale della popolazione, è una mistificazione paurosa, al limite del delinquenziale.

No, un attimo: non è che con le metodologie vecchie si bocciava e con quelle nuove no. Oggi, sia se usi metodologie vecchie che nuove gli alunni non si bocciano e basta, tanto più ai livelli bassi di istruzione come la primaria. La cosa non mi piace, ma funziona così, non vorremo mica dare la colpa alle metodologie che un insegnante usa!

Credo che il discorso di Buonafortuna fosse un altro, cioè che oggi le maestre non possono più solo saper insegnare a scrivere e a far di conto, perché oggi la maestra deve sapere riconoscere un bambino che è solo svogliato da uno che ha disturbi specifici di apprendimento, perché è la normativa che ce lo richiede. Oggi la maestra deve saper insegnare inglese e l'uso delle nuove tecnologie, perché è la normativa che ce lo richiede. Puoi ritenere superflue queste cose, perché per te conta solo saper scrivere e far di conto, ma chi ci governa la pensa diversamente e noi ci dobbiamo adeguare.
Io ho avuto maestre bravissime alle elementari, ma sicuramente avrebbero fatto difficoltà ad insegnare oggi, perché non avrebbero avuto la formazione necessaria per quello che è richiesto oggi. Per questo io sostengo che il diploma magistrale non è più sufficiente per insegnare.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Dic 28, 2017 4:57 pm

Quelli che si sono iscritti al primo ciclo SSIS del 2000 sono:

- quelli che non sono riusciti a passare il concorso ordinario del 1999 (non dico rientrare nella fascia più alta per essere immessi in ruolo subito, ma nemmeno prendere la sufficienza alle prove per guadagnarsi comunque un'abilitazione valida)...

- oppure, quelli che hanno proprio scelto di non farlo, perché pensavano che convenisse di più provare a fare la SSIS che era più facile, o perché pensavano che sarebbero stati sistemati comunque con una sanatoria riservata.

Su chi si è iscritto ai cicli di SSIS successivi, dopo essere rimsato fuori da qualsiasi concorso precedente per motivi anagrafici, non mi permetto di dire nulla.

Ma sui primissimi iscritti ai primi uno o due cicli SSIS, qualcosa da dire l'avrei eccome.

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Messaggio Da Massimo Borsero Gio Dic 28, 2017 4:58 pm

Ciò che voglio dire è che non esiste alcuna evidenza che la scuola dei "vecchi tempi" (indipendentemente dall'età di ciascuno di noi) fosse più formativa di quella di oggi. Magari era più seria, o più selettiva. Ma non esistono evidenze empiriche che i livelli di apprendimento fossero più alti 20, 30 o 50 anni fa. Anche perché i livello di apprendimento MEDI sono ben diversi da quelli di quei pochi che ce la facevano. Leggetevi il libro "Gli insegnanti bocciati" di Evaristo Breccia del 1958 (MILLENOVECENTOCINQUANTOTTO, prima del '68): si lamenta delle stesse cose che sono scritte in questo forum: studenti ignoranti, reclutamento che fa schifo, non c'è più severità eccetera...

Il fatto è che tutti proviamo questa insoddisfazione nel fatto che gli studenti, per la maggior parte, non sono come li vogliamo, e non imparano come vorremmo che imparassero. Però questo non è solo un problema loro, ma anche nostro. Possiamo farci qualcosa? Boh, non saprei, di sicuro però dobbiamo provarci.

Secondo me dovremmo conoscere e provare tutte le metodologie, vecchie o nuove, per poi scegliere quella efficace non la data classe nel dato momento. Il nostro lavoro non si può ridurre ad applicare una cerca metodologia (vecchia o nuova) o a trasmettere le nozioni: sennò saremmo dei libri, non dei docenti. Siamo come dei medici: c'è una parte diagnostica con strumenti ma c'è anche una clinica, che si può solo sviluppare nel qui ed ora.

Dubito che si possa fare uno studio da scienze dure, come dice sempre avido, nelle scienze sociali: ci sono troppe variabili. Si può solo essere onesti e raccontare la propria esperienze con quella classe con quel dato progetto. Poi ognuno si regolerà come crede.

Anche la valutazione formativa, non deve per forza essere una valutazione buonista o che promuove tutti. Però il 6 che do al mio ROM che in un anno ha appreso le 4 operazioni a 12 anni, è ben diverso da quello che do allo studente che potrebbe fare e fa appena per salvarsi. Anche perché nel primo caso gli ho insegnato qualcosa che DAVVERO gli cambierà la vita (spero). E nessuno mi convincerà mai che ho fatto male a farlo, anche se ovviamente dal punto di vista delle conoscenze/abilità è un sei enormemente diverso da quelli dei compagni.

Non credo che la scuola possa cambiare la società in generale, anzi, in un certo senso ne è il prodotto. Però i nostri studenti dobbiamo provare a cambiarli, sennò cosa lo facciamo a fare questo mestiere?

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Messaggio Da herman il lattoniere Gio Dic 28, 2017 5:09 pm

Paniscus, che le nuove metodologie abbiano un impatto molto limitato sugli apprendimenti è confermato da qualunque ricerca seria. Ovviamente il caso Finlandia non va neanche preso in considerazione, vista la enorme differenza di investimento per alunno rispetto al nostro sistema scolastico.

Mairu, non sono d'accordo sui tuoi discorsi relativi all'età. Anche ammettendo che tutto vada per il verso giusto al primo colpo, che il candidato vada come un treno senza ritardi tra università, concorsi, formazione ecc. (cosa tutt'altro che scontata) mi sembra difficile che con il sistema previsto si entri in classe a pieno titolo prima dei 25-26 anni (di ruolo intorno ai 30), che per me sono ancora troppi sia dal punto di vista del docente che da quello degli alunni.


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Messaggio Da Ospite Gio Dic 28, 2017 5:11 pm

Massimo Borsero ha scritto:

Secondo me dovremmo conoscere e provare tutte le metodologie, vecchie o nuove, per poi scegliere quella efficace non la data classe nel dato momento. Il nostro lavoro non si può ridurre ad applicare una cerca metodologia (vecchia o nuova) o a trasmettere le nozioni: sennò saremmo dei libri, non dei docenti.
[...]
Anche la valutazione formativa, non deve per forza essere una valutazione buonista o che promuove tutti. Però il 6 che do al mio ROM che in un anno ha appreso le 4 operazioni a 12 anni, è ben diverso da quello che do allo studente che potrebbe fare e fa appena per salvarsi. Anche perché nel primo caso gli ho insegnato qualcosa che DAVVERO gli cambierà la vita (spero). E nessuno mi convincerà mai che ho fatto male a farlo, anche se ovviamente dal punto di vista delle conoscenze/abilità è un sei enormemente diverso da quelli dei compagni.

Non credo che la scuola possa cambiare la società in generale, anzi, in un certo senso ne è il prodotto. Però i nostri studenti dobbiamo provare a cambiarli, sennò cosa lo facciamo a fare questo mestiere?

Condivido in pieno.

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Messaggio Da Mairu Gio Dic 28, 2017 5:19 pm

Massimo Borsero ha scritto:Ciò che voglio dire è che non esiste alcuna evidenza che la scuola dei "vecchi tempi" (indipendentemente dall'età di ciascuno di noi) fosse più formativa di quella di oggi. Magari era più seria, o più selettiva. Ma non esistono evidenze empiriche che i livelli di apprendimento fossero più alti 20, 30 o 50 anni fa. Anche perché i livello di apprendimento MEDI sono ben diversi da quelli di quei pochi che ce la facevano. Leggetevi il libro "Gli insegnanti bocciati" di Evaristo Breccia del 1958 (MILLENOVECENTOCINQUANTOTTO, prima del '68): si lamenta delle stesse cose che sono scritte in questo forum: studenti ignoranti, reclutamento che fa schifo, non c'è più severità eccetera...

Il fatto è che tutti proviamo questa insoddisfazione nel fatto che gli studenti, per la maggior parte, non sono come li vogliamo, e non imparano come vorremmo che imparassero. Però questo non è solo un problema loro, ma anche nostro. Possiamo farci qualcosa? Boh, non saprei, di sicuro però dobbiamo provarci.

Secondo me dovremmo conoscere e provare tutte le metodologie, vecchie o nuove, per poi scegliere quella efficace non la data classe nel dato momento. Il nostro lavoro non si può ridurre ad applicare una cerca metodologia (vecchia o nuova) o a trasmettere le nozioni: sennò saremmo dei libri, non dei docenti. Siamo come dei medici: c'è una parte diagnostica con strumenti ma c'è anche una clinica, che si può solo sviluppare nel qui ed ora.

Dubito che si possa fare uno studio da scienze dure, come dice sempre avido, nelle scienze sociali: ci sono troppe variabili. Si può solo essere onesti e raccontare la propria esperienze con quella classe con quel dato progetto. Poi ognuno si regolerà come crede.

Anche la valutazione formativa, non deve per forza essere una valutazione buonista o che promuove tutti. Però il 6 che do al mio ROM che in un anno ha appreso le 4 operazioni a 12 anni, è ben diverso da quello che do allo studente che potrebbe fare e fa appena per salvarsi. Anche perché nel primo caso gli ho insegnato qualcosa che DAVVERO gli cambierà la vita (spero). E nessuno mi convincerà mai che ho fatto male a farlo, anche se ovviamente dal punto di vista delle conoscenze/abilità è un sei enormemente diverso da quelli dei compagni.

Non credo che la scuola possa cambiare la società in generale, anzi, in un certo senso ne è il prodotto. Però i nostri studenti dobbiamo provare a cambiarli, sennò cosa lo facciamo a fare questo mestiere?

Quoto tutto ciò che hai detto, Massimo, non saprei dirlo meglio di così.
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Messaggio Da tecnologo alim Gio Dic 28, 2017 5:26 pm

Io, invece, condivido in parte, ciò che dice Massimo. Gli studenti non sono come li vorremmo e non sono nemmeno come eravamo noi o i nostri coetanei alla loro età. Anche noi dovremmo fare la nostra parte e non arroccarci dietro alle solite metodologie con la scusa che in passato hanno sempre funzionato. La colpa principale dell'ignoranza dei ragazzi di oggi, però, non è nostra. Le cause sono tante ma se il ruolo del docente ha perso sempre più valore nella società è dovuto principalmente a cause esterne alla scuola.

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Messaggio Da Mairu Gio Dic 28, 2017 5:36 pm

herman il lattoniere ha scritto:

Mairu, non sono d'accordo sui tuoi discorsi relativi all'età. Anche ammettendo che tutto vada per il verso giusto al primo colpo, che il candidato vada come un treno senza ritardi tra università, concorsi, formazione ecc. (cosa tutt'altro che scontata) mi sembra difficile che con il sistema previsto si entri in classe a pieno titolo prima dei 25-26 anni (di ruolo intorno ai 30), che per me sono ancora troppi sia dal punto di vista del docente che da quello degli alunni.


Se tutto va giusto al primo colpo con il FIT sei in ruolo a 27 anni. Mi dite quanti docenti (della secondaria) che avevano solo la laurea e hanno fatto il concorso negli anni 90 sono entrati in ruolo prima dei 27 anni?
Se fai medicina inizi a lavorare prima di 27 anni? Se fai l'avvocato inizi a lavorare prima di 27 anni? Se fai il professore universitario inizi a lavorare prima di 27 anni? Perché per fare il docente di scuola secondaria è troppo tardi iniziare a 27 anni? Perché il docente di scuola secondaria è un lavoro meno importante del medico o dell'avvocato o del professore universitario?
Per me già 22 o 23 anni sono troppi per essere mantenuti, ma è chiaro che per mestieri di un certo livello ci vuole una formazione di un certo livello, che richiede tempo, per forza di cose. E per me l'insegnante è un mestiere di un certo livello.
Ho letto mille critiche al taglio di un anno delle superiori, ma la logica che lo regola è proprio questa: far entrare un anno prima i ragazzi nel mondo del lavoro, così che possano essere indipendenti prima. Ma cosa ce ne facciamo di ragazzi che lavorano un anno prima se questo va a discapito della loro formazione? Cosa ce ne facciamo di un docente che entra in ruolo un anno prima se è meno preparato per fare il docente?
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Messaggio Da sempreconfusa1 Gio Dic 28, 2017 6:09 pm

Oggi la maestra deve saper insegnare inglese e la tecnologia. E alle medie con le UdA (per fare uno degliesempi più frequenti) si programmano sulla carta prodotti finali magari multimediali. Tutto fila,  come normativa, peccato però che io poi veda i ragazzi che non sanno un tubo di PC, che sanno solo smanettare su facebook e whatsapp ma che si scocciano se devono ritoccare una immagine o devono creare una cartella che sia a posto e non contenga materiale illeggibile e così via. E magari vedo che questo lavoro poi finiscono per farlo gli insegnanti stessi, perché il progetto è progetto, e ne va del buon nome della scuola e allora bisogna fare bella figura.
I ragazzi "velocisti" e superficiali non si dilettano più nelle attività che richiedono cura e impegno costanti.
Credo che questo approccio allo studio sia uno dei problemi maggiori nella formazione dei ragazzi, oltre all'evidente divario tra ciò che viene programmato e  "normato" sulla carta e la sua effettiva e concreta (nonché proficua) applicazione sul campo. Specialmente in Italia.
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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Dic 28, 2017 8:14 pm

Ecco, parliamone, proprio di questa storia annosa, trita e ritrita secondo cui gli insegnanti tenderebbero ad adagiarsi su metodologie (generalmente considerate arcaiche) che "funzionano solo sugli alunni bravi".

Salvo poi dover ammettere, ma sottovoce e controvoglia, che anche le metodologie più strepitosamente moderne, illuminate, innovative e inclusive, funzionano solo su quelli bravi?

E che quegli altri (che si tratti di studenti svogliati che non si impegnano, o anche di studenti deboli che proprio non ci arrivano) rimangono al palo comunque, con l'unica differenza che in passato si vedevano fioccare le insufficienze, mentre oggi le cosiddette nuove metodologie prevedono che ci si metta qualche pezza per dare loro la sufficienza comunque.

Ma da qui a dire che i nuovi metodi abbiano FUNZIONATO meglio, e cioè che questi ragazzi abbiano effettivamente imparato di più di quanto imparavano con i metodi cosiddetti arcaici, ce ne corre.


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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Dic 28, 2017 8:39 pm

tecnologo alim ha scritto:Io, invece, condivido in parte, ciò che dice Massimo. Gli studenti non sono come li vorremmo e non sono nemmeno come eravamo noi o i nostri coetanei alla loro età. Anche noi dovremmo fare la nostra parte e non arroccarci dietro alle solite metodologie con la scusa che in passato hanno sempre funzionato. La colpa principale dell'ignoranza dei ragazzi di oggi, però, non è nostra. Le cause sono tante ma se il ruolo del docente ha perso sempre più valore nella società è dovuto principalmente a cause esterne alla scuola.

straquoto.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Dic 29, 2017 12:38 am

Mairu ha scritto: No, un attimo: non è che con le metodologie vecchie si bocciava e con quelle nuove no. Oggi, sia se usi metodologie vecchie che nuove gli alunni non si bocciano e basta, tanto più ai livelli bassi di istruzione come la primaria. La cosa non mi piace, ma funziona così, non vorremo mica dare la colpa alle metodologie che un insegnante usa!

Ok, ma 'sti ragazzini IMPARANO o no?

Perché il punto principale è quello, non che siano bocciati o meno, ma se IMPARANO o no!

Se ci sono evidenze statistiche di fatto che i bambini usciti dalla primaria arrivino alle medie (e poi anche alle superiori) con abilità e competenze migliori di quelle di 30 anni fa... allora, benissimo, vuol dire che le metodologie nuove sono più efficaci di quelle vecchie.

Ma questo E' VERO?

Hai qualche riferimento su questo punto?

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Messaggio Da Mairu Ven Dic 29, 2017 2:02 am

Popocatepetl ha scritto:"È la normativa che ce lo chiede"
"È la normativa che ce lo chiede"
Questo è l atteggiamento del docente medio italiano. Pazzesco e preoccupante

E va bene, allora da domani ai bambini parlerò solo di cartoni animati, lasciamo perdere tutto il resto, tanto posso anche fregarmene della normativa e del contratto che ho firmato. Ma che discorsi sono?
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Messaggio Da Mairu Ven Dic 29, 2017 2:33 am

paniscus_2.1 ha scritto:
Mairu ha scritto:  No, un attimo: non è che con le metodologie vecchie si bocciava e con quelle nuove no. Oggi, sia se usi metodologie vecchie che nuove gli alunni non si bocciano e basta, tanto più ai livelli bassi di istruzione come la primaria. La cosa non mi piace, ma funziona così, non vorremo mica dare la colpa alle metodologie che un insegnante usa!

Ok, ma 'sti ragazzini IMPARANO o no?

Perché il punto principale è quello, non che siano bocciati o meno, ma se IMPARANO o no!

Se ci sono evidenze statistiche di fatto che i bambini usciti dalla primaria arrivino alle medie (e poi anche alle superiori) con abilità e competenze migliori di quelle di 30 anni fa... allora, benissimo, vuol dire che le metodologie nuove sono più efficaci di quelle vecchie.

Ma questo E' VERO?

Hai qualche riferimento su questo punto?

Io sono la prima a mostrami molto scettica rispetto ai mille pregi tanto decantati delle nuove metodologie didattiche. Ritengo che alcune di queste possano essere maggiormente efficaci in alcune situazioni e con alcuni bambini, ma non con tutti. In altre situazioni alcune metodologie "arcaiche", come le definisci tu, sono secondo me più funzionali. Usare le nuove metodologie non vuol dire farne un uso esclusivo mandando in pensione quelle tradizionali. Si possono usare entrambe, come sosteneva Massimo Borsero, a seconda di cosa risulta più funzionale con i bambini che abbiamo.
Tanto più che spesso molte delle nuove metodologie sono delle vecchie metodologie a cui è stato cambiato il nome, ma che nella sostanza non hanno molto di diverso.
Criticare le vecchie o le nuove metodologie solo perché si è dell'una o dell'altra fazione non ha senso, secondo me. Le critiche vanno fatte in maniera puntuale su aspetti specifici.
Però non venitemi a dire che gli studenti delle vecchie maestre di una volta sapevano scrivere correttamente in italiano, perché altrimenti non si spiega chi sono i quarantenni che oggi in rete mostrano capacità linguistiche simili a quelle di un bambino di seconda elementare.
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Messaggio Da herman il lattoniere Ven Dic 29, 2017 7:10 am

Mairu ma la "critica puntuale" non può esserci perché con le nuove metodologie didattiche è successa la stessa cosa della tecnologia, cioè che nelle nostre scuole molti pensano che se non usi la tale metodologia didattica o se non usi il computer sei un dinosauro o un reazionario. Cioè si è perso il valore strumentale di entrambe le cose per attribuire loro un valore ideologico, se non trascendente.
Questa ideologia, oltre a discriminare naturalmente i bravi dai cattivi, esclude la possibilità che un docente, spontaneamente e in base alla propria cultura e sensibilità, adotti tutte le strategie migliori in relazione alla sua classe e al modo in cui è fatto egli stesso, finalizzate all'obiettivo dell'apprendimento; al contrario un approccio del genere tende a ritenere il docente medio un lavoratore pigro, arretrato, sbagliato e incompiuto, che deve essere indottrinato sia alle meraviglie del digitale (da cui l'animatore digitale) sia all'irrinunciabilità di approcci didattici costruttivisti attraverso mille corsi di vario genere, dall'Indire alla piattaforma Sofia.
In tutto ciò perde importanza il cosa si insegna e persino la stessa capacità di riuscire a trasmetterlo, mentre acquista importanza soverchiante il come; per cui, per assurdo, si ritiene migliore un docente che adotti l'ultima versione della flipped confortata dall'ultimo ritrovato tecnologico, anche se con risultati didattici scarsissimi o negativi, rispetto a un suo collega che a forza di lezioni frontali riesce a sviluppare conoscenze e interesse per la materia nei propri alunni. E si continua ad accusare i docenti italiani di essere troppo preparati sulla disciplina e poco sulla pedagogia, come se bastasse avere qualche competenza pedagogica per poter insegnare italiano, matematica o qualsiasi altra disciplina; quello che si impara in classe da docente, che è fondamentale per chiunque insegni, viene ritenuto quasi irrilevante rispetto a quello che si imparerebbe in un qualsiasi corso universitario o di formazione continua.
Forse per la primaria effettivamente c'è bisogno di avere un minimo di preparazione pedagogica, ma a mio avviso dalla secondaria di primo grado in poi dovrebbe prevalere l'aspetto disciplinare (e infatti i concorsi continuano a dargli la massima importanza, seppure introducendo nelle tracce quesiti ridicoli relativi alla pedagogia e all'inclusione).
Se poi mi è consentita una considerazione personale, noto che molte maestre "titolate", laureate e superformate saranno anche stra-preparate sulla storia della pedagogia e sull'ultimo ritrovato tra i metodi di insegnamento, ma in classe continuano a manifestare difficoltà relazionali, pedagogiche, psicologiche e didattiche come e più delle colleghe anziane diplomate e a farne le spese sono gli alunni; anzi, in alcuni casi il titolo diventa la scusa per atteggiamenti rigidi, se non aggressivi nei confronti di alunni e colleghi. Personalmente sono convinto da quando insegno che nella scuola non serva assolutamente a niente discriminare tra buoni/super-formati e aggiornati/ubbidienti/zelanti e cattivi/arretrati/contrastivi/scansafatiche; anzi, che mettere i docenti in competizione o portarli allo scontro sia assolutamente controproducente.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Dic 29, 2017 10:14 am

Mairu ha scritto:
Però non venitemi a dire che gli studenti delle vecchie maestre di una volta sapevano scrivere correttamente in italiano, perché altrimenti non si spiega chi sono i quarantenni che oggi in rete mostrano capacità linguistiche simili a quelle di un bambino di seconda elementare.

I quarantenni di oggi sono quelli che hanno fatto le elementari negli anni ottanta, ovvero nel pieno della primissima ondata esplosiva delle sperimentazioni modaiole fricchettone, e dell'abolizione quasi totale di qualsiasi regola rigorosa (per non parlare dell'abolizione dei voti, sostituiti da lunghi giudizi discorsivi, il più delle volte convoluti e incomprensibili, che ebbe un enorme impatto sulla percezione pubblica del significato dell'impegno e dei risultati scolastici).

Sono stati i primi a beccarsi l'ideologia secondo cui la scuola deve essere a tutti i costi facile e divertente, e non deve imporre all'alunno la sia pur minima frustrazione o contrarietà o fatica.

Nello stesso periodo, cominciava a diffondersi anche il vezzo della battaglia contro i compiti a casa (questo, effettivamente, non SOLO da parte delle maestre, ma anche a causa di mutate condizioni di vita delle famiglie e delle loro aspirazioni più consumistiche e frivole, maggior diffusione del tempo pieno scolastico e delle mille attività strutturate che riempivano i pomeriggi dei bambini)...

...e della battaglia contro gli apprendimenti delle abilità formali, considerate meccaniche, sterili e noiose (questa, veicolata anche da un ingenuo entusiasmo illimitato sulla tecnologia avanzante, per cui si cominciò a pensare che non servisse a niente imparare a fare calcoli a mano, tanto di lì a poco tutti avrebbero usato i calcolatori, e che non servisse a niente imparare le regole dell'ortografia, perché tanto di lì a poco tutti avrebbero usato i correttori automatici - quando inveve tu stessa riconosci che molti quarantenni di oggi producono una marea di sfondoni anche quando scrivono a computer, quindi non hanno imparato a usare nemmeno quelli).

Per cui, quell'epoca ha rappresentato proprio la primissima e rapidissima fase della dissoluzione del potere formativo della scuola di base. E' stato proprio in quell'epoca che ha cominciato a verificarsi il dramma sociale di cui ci si lamenta oggi, ossia la quasi totale inefficacia della scuola nel provvedere una formazione solida diffusa, alla portata di tutti, e indipendente dalle differenze economiche e sociali. Il risultato è esattamente quello che si deplora oggi, ossia che alla lunga l'effetto diretto della scuola è minimo, e che i destini formativi delle persone sono di fatto abbandonati nelle mani di chi le influenza fuori di scuola. Quelli che hanno la possibilità di essere seguiti da una famiglia colta ed emancipata imparano, perché imparerebbero comunque, e gli altri rimangono al palo nonostante l'ideologia dell'inclusività e del successo formativo a tutti i costi.

Ma la mistificazione sta appunto nel pensare che questo problema riguardasse la scuola "vecchio stampo", mentre le nuove metodologie pedagogiche lo combatterebbero e lo sconfiggerebbero. Quando invece, a mio avviso, è più facile che sia stato il contrario, nel corso di parecchi decenni.

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Messaggio Da wasted years Ven Dic 29, 2017 11:56 am

Esistono pubblicazioni dove si valuta l'efficacia delle metodologie didattiche, come HATTIE, visible learning. Quindi sarebbe sufficiente scegliere quelle ad impatto positivo oltre il teacher effect e usarle.
Compiti, bocciature ecc. sono considerate cattive metodologie se si seguono le evidenze scientifiche.
Ho letto con un senso di disagio questa guerra tra i poveri, io sono un diplomato magistrale e non solo, che è entrato in GAE dopo essere risultato idoneo nel concorso del 2000. Non credo di essere un salame solo per questo e non ho visto nei laureati in SFP tutto questo splendore. Mi sono preparato per il concorso del 2012 e mi sono fermato a 34.5 della preselettiva senza fare ricorso, perché non stavo bene di salute e lavorare, studiare e curarmi era troppo.
Rispetto la sentenza del consiglio di stato ma non rispetto il voler fare di tutta l'erba un fascio.
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Messaggio Da Massimo Borsero Ven Dic 29, 2017 2:39 pm

Intervengo un'ultima volta solo per dire che "Visible learning" di Hattie è libro assurdamente pieno di errori.

Ad esempio lui usa un tipo di statistica che si chiama CLE, che dovrebbe rappresentare la PROBABILITA' che un punteggio estratto a caso da una distribuzione sia maggiore di quello estratto a caso da un'altra distribuzione.

Lasciamo da parte il fatto che questa statistica si usi solo in psicometria e nessuno matematico ne abbia mai sentito parlare. Ma nel libro i valori di questo CLE vanno da -49% a 219%!

Qualunque mio studente, anche il ROM di cui sopra, ti sa dire che le probabilità non possono essere negative.

Il libro di Hattie ha più di 8000 citazioni. Non aggiungo altro.

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Messaggio Da Mairu Ven Dic 29, 2017 3:13 pm

paniscus_2.1 ha scritto:
Mairu ha scritto:  
Però non venitemi a dire che gli studenti delle vecchie maestre di una volta sapevano scrivere correttamente in italiano, perché altrimenti non si spiega chi sono i quarantenni che oggi in rete mostrano capacità linguistiche simili a quelle di un bambino di seconda elementare.

I quarantenni di oggi sono quelli che hanno fatto le elementari negli anni ottanta, ovvero nel pieno della primissima ondata esplosiva delle sperimentazioni modaiole fricchettone, e dell'abolizione quasi totale di qualsiasi regola rigorosa (per non parlare dell'abolizione dei voti, sostituiti da lunghi giudizi discorsivi, il più delle volte convoluti e incomprensibili, che ebbe un enorme impatto sulla percezione pubblica del significato dell'impegno e dei risultati scolastici).

Sono stati i primi a beccarsi l'ideologia secondo cui la scuola deve essere a tutti i costi facile e divertente, e non deve imporre all'alunno la sia pur minima frustrazione o contrarietà o fatica.

Nello stesso periodo, cominciava a diffondersi anche il vezzo della battaglia contro i compiti a casa (questo, effettivamente, non SOLO da parte delle maestre, ma anche a causa di mutate condizioni di vita delle famiglie e delle loro aspirazioni più consumistiche e frivole, maggior diffusione del tempo pieno scolastico e delle mille attività strutturate che riempivano i pomeriggi dei bambini)...

...e della battaglia contro gli apprendimenti delle abilità formali, considerate meccaniche, sterili e noiose (questa, veicolata anche da un ingenuo entusiasmo illimitato sulla tecnologia avanzante, per cui si cominciò a pensare che non servisse a niente imparare a fare calcoli a mano, tanto di lì a poco tutti avrebbero usato i calcolatori, e che non servisse a niente imparare le regole dell'ortografia, perché tanto di lì a poco tutti avrebbero usato i correttori automatici - quando inveve tu stessa riconosci che molti quarantenni di oggi producono una marea di sfondoni anche quando scrivono a computer, quindi non hanno imparato a usare nemmeno quelli).

Per cui, quell'epoca ha rappresentato proprio la primissima e rapidissima fase della dissoluzione del potere formativo della scuola di base. E' stato proprio in quell'epoca che ha cominciato a verificarsi il dramma sociale di cui ci si lamenta oggi, ossia la quasi totale inefficacia della scuola nel provvedere una formazione solida diffusa, alla portata di tutti, e indipendente dalle differenze economiche e sociali. Il risultato è esattamente quello che si deplora oggi, ossia che alla lunga l'effetto diretto della scuola è minimo, e che i destini formativi delle persone sono di fatto abbandonati nelle mani di chi le influenza fuori di scuola. Quelli che hanno la possibilità di essere seguiti da una famiglia colta ed emancipata imparano, perché imparerebbero comunque, e gli altri rimangono al palo nonostante l'ideologia dell'inclusività e del successo formativo a tutti i costi.

Ma la mistificazione sta appunto nel pensare che questo problema riguardasse la scuola "vecchio stampo", mentre le nuove metodologie pedagogiche lo combatterebbero e lo sconfiggerebbero. Quando invece, a mio avviso, è più facile che sia stato il contrario, nel corso di parecchi decenni.

Ma gli obbrobri li scrivono anche quelli di 50 e 60 anni, esattamente come quelli di 40, di 30 e di 20. Il discrimine non è fra chi ha frequentato la scuola negli anni 80 o negli anni 70 o negli anni 60. La maggior parte è tutta ugualmente ignorante.
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Messaggio Da Mairu Ven Dic 29, 2017 3:29 pm

[quote="avidodinformazioni"]
Massimo Borsero ha scritto:Ciò che voglio dire è che non esiste alcuna evidenza che la scuola dei "vecchi tempi" (indipendentemente dall'età di ciascuno di noi) fosse più formativa di quella di oggi. Magari era più seria, o più selettiva. Ma non esistono evidenze empiriche che i livelli di apprendimento fossero più alti 20, 30 o 50 anni fa. Anche perché i livello di apprendimento MEDI sono ben diversi da quelli di quei pochi che ce la facevano. Leggetevi il libro "Gli insegnanti bocciati" di Evaristo Breccia del 1958 (MILLENOVECENTOCINQUANTOTTO, prima del '68): si lamenta delle stesse cose che sono scritte in questo forum: studenti ignoranti, reclutamento che fa schifo, non c'è più severità eccetera...

E dire che una tale evidenza empirica (in positivo od in negativo) la si potrebbe ottenere immediatamente: basta andare nelle cantine delle scuole e riesumare i pacchi dei compiti di prima e seconda prova delle maturità di molti anni fa, ricopiarli togliendo la data e rendendo la scrittura "fresca d'inchiostro", riproporre la stessa traccia ad alcune classi campione odierne e far correggere le prove a docenti odierni ignari.
I voti assegnati in assoluta cecità sarebbero illuminanti.
A chi spetta un simile compito ? Cosa non avrebbe di "duro" un simile approccio scientifico ?



Però, Avido, il tuo approccio scientifico non considererebbe che il campione statistico che arriva alla maturità di oggi è qualitativamente molto diverso da quello di 70 anni fa, dando perciò un risultato falsato. 70 anni fa la percentuale di coloro che arrivavano alla scuola secondaria era di molto inferiore a quella di oggi, composta quasi sempre da persone capaci. Tutte le altre venivano fermate prima. Come se oggi arrivassero alla maturità solo coloro che hanno una media dall'8 in su. A parità di prove sarebbe impossibile avere gli stessi risultati, anche applicando le stesse metodologie didattiche. Per questo Massimo dice che nelle scienze sociali questo approccio scientifico sarebbe di difficile attuazione, dato che le variabili sociali influenzano in maniera importante l'oggetto di studio e in termini comparativi sarebbe difficile fare il confronto fra il nuovo e il vecchio, soprattutto ai livelli alti della formazione (come dovrebbe essere la scuola secondaria).

Con le competenze acquisite con la scuola primaria, invece, è più facile fare un confronto, dato che buona parte della popolazione frequentava la scuola elementare anche 70 anni fa. E come ti dicevo i risultati li possiamo vedere tutti e renderci conto da soli che quelli che hanno 60 anni o 50 non sanno scrivere mediamente meglio di quelli che oggi hanno 11 anni.
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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Dic 29, 2017 4:26 pm

wasted years ha scritto:
Compiti, bocciature ecc. sono considerate cattive metodologie se si seguono le evidenze scientifiche.

E certo come no, lo sanno tutti che i compiti danneggiano l'apprendimento.

E' notissimo, infatti che, a parità di attività fatte a scuola... chi si esercita anche a casa impara DI MENO di chi non si esercita affatto, chi studia impara di meno di quelli che non studiano, e e che chi consolida e ripassa per conto proprio impara di meno di chi al momento di uscire dall'aula chiude qualsiasi libro e quaderno, e dimentica completamente qualsiasi cosa che abbia a che fare con lo studio.

Io mi chiedo sinceramente se esista davvero qualcuno in grado di credere a queste corbellerie, o se lo fanno apposta per prendere in giro i gonzi...

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